La procedura di mediazione civile e commerciale, introdotta nel nostro ordinamento con il decreto legislativo numero 28 del 2010, è una tecnica di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a diritti disponili, alternativa al processo civile (essa infatti fa parte delle cosiddette “ADR – alternative dispute resolution”).
La mediazione è definita dal legislatore come “l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (cfr. articolo 1 del succitato D.lgs numero 28 del 2010).
Il Mediatore pertanto opera quale “facilitatore” della comunicazione fra le parti, interrotta a causa delle forti barriere psicologiche che esse hanno alzato nella loro situazione conflittuale, mantenendo però la sua posizione di terzietà, indipendenza ed imparzialità. Il Mediatore infatti “non prende decisioni sulla controversia, non è un arbitro o giudice. Interviene unicamente per riparare il guasto comunicativo, restituendo alle parti la responsabilità della gestione del conflitto” (Ghiotti-Miralo).
A tal fine, con particolare rifermento alle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, la legge prevede che il Mediatore possa:
- nominare uno o più mediatori ausiliari (art. 8, comma 1, ultimo periodo del citato d.lgs);
- ovvero, in alternativa, avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. (art. 8, comma 4 del citato d.lgs).
E’ in altre parole consentito, in seno al procedimento di mediazione (ed analogamente a quanto avviene del processo civile con la nomina del CTU), l’espletamento di una consulenza tecnica, evitando che a causa di un dubbio inerente questioni tecniche possa sfumare la composizione della controversia e conseguentemente l’accordo.
Ebbene, se la possibilità del Mediatore di avvalersi di un Consulente Tecnico e della perizia che ne consegue è circostanza indubbia, più controversa appare la possibilità per parti di produrre ed avvalersi nel successivo procedimento civile (laddove la mediazione abbia esito negativo) della relazione redatta dal perito nel procedimento di mediazione.
I principali nodi problematici affrontati sul punto dalla giurisprudenza sono:
- il potenziale contrasto tra l’ammissibilità della produzione della consulenza tecnica resa in mediazione col rispetto del principio di riservatezza, che permea l’intero procedimento di mediazione (ed invero, gli articoli 9 e 10 del d.lgs. n. 28/2010 – nel definire il complesso di garanzie a tutela del diritto alla riservatezza dei soggetti che partecipano alla procedura di mediazione – contengono, rispettivamente, degli specifici obblighi di segretezza e dei particolari limiti all’assunzione di prove nel processo civile, stabilendo in particolare che: né mediatore né i suoi ausiliari possano ostentare in alcuna sede le dichiarazioni rese o le informazioni assunte durante le procedure, non potendo altresì i medesimi essere chiamati a testimoniare nel processo civile e penale che sia stato iniziato, proseguito o riassunto sulla medesima controversia);
- la possibilità di qualificare la consulenza resa in mediazione quale “mezzo di prova”;
- la conseguente “efficacia probatoria” da conferire alla medesima consulenza.
1) Quanto alla riservatezza, tale principio non pare essere leso dalla possibilità di produrre nel giudizio civile la perizia redatta dal Consulente Tecnico incaricato nel procedimento di mediazione, in quanto il dovere di riservatezza presenta connotati di assolutezza soltanto con riferimento alle dichiarazioni pronunziate dalle parti o alle informazioni acquisite dalle medesime, ma non si estende anche alle indagini ed agli accertamenti compiuti dall’esperto i quali sono il frutto di una valutazione tecnica di un soggetto terzo elaborata tramite elementi oggettivi (tant’è vero che il tecnico non può raccogliere e riportare le dichiarazioni delle parti, ma deve limitarsi all’esposizione delle operazioni svolte e dei risultati raggiunti).
2) Quanto al secondo interrogativo – premessa l’assenza di un espresso divieto giuridico all’utilizzo della relazione peritale, fuori dalla mediazione (e quindi anche nella causa civile che può seguire, o proseguire) – la perizia realizzata in mediazione, se legittimamente formatasi con il consenso delle parti e nel contraddittorio fra le stesse, può ben essere ricondotta alla categoria delle prove atipiche, su cui il Giudice civile è legittimato a fondare la decisione.
3) Quanto all’efficacia probatoria della relazione, alla stregua dei principi e delle norme che disciplinano il procedimento civile, il Giudice potrà:
- valutare tale relazione secondo il suo “prudente apprezzamento” ai sensi dell’articolo 116 del codice di rito, anche al fine di trarre argomenti e/o elementi utili al suo convincimento (utilizzazione della CTU quale argomento di prova);
- ovvero conferire alla medesima relazione valore di presunzione semplice, ai sensi dell’articolo 2729 del codice civile.
E’ ciò che viene efficacemente sostenuto in alcune sentenze dei giudici di merito (ex mulits ord. Trib. Roma, sez. XIII, 17 marzo 2014), che hanno predicato l’utilizzabilità in sede giudiziale della perizia realizzata dall’esperto designato dal mediatore ai sensi dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 28/2010, nel corso di un procedimento di mediazione, conclusosi senza accordo, senza che ciò violai le regole sulla riservatezza, che permeano il citato procedimento.
Precisamente secondo l’organo giudicante:
Precisamente secondo l’organo giudicante “la relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo può essere prodotta nel successivo giudizio ad opera di una delle parti senza violare le regole sulla riservatezza, in virtù di un equilibrato contemperamento fra la citata esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all’interno di tale procedimento. Ne consegue che il Giudice potrà utilizzare tale relazione come prova atipica valutabile secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti più che per fondare la sentenza per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio“.
Nell’ordinanza succitata, ad opera del dr. Moriconi del tribunale di Roma inoltre si legge: “ritiene il giudice, alla luce delle precedenti considerazioni ed in un’ottica di equilibrato contemperamento fra l’esigenza, nei limiti in cui è normata, di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all’interno del procedimento, di poter dichiarare legittima ed ammissibile la produzione nella causa alla quale pertiene la mediazione, dell’elaborato del consulente tecnico esterno. Limitatamente, ove occorra rilevarlo, agli aspetti ed ai contenuti che siano strettamente corrispondenti al compito accertativo che gli sia stato affidato“.
Merita infine un accenno – sempre in relazione all’ammissibilità, in giudizio, della relazione peritale resa in mediazione – anche una peculiare pronuncia resa dal Tribunale di Ascoli il 18 Aprile 2017, con cui il Giudice ha prescritto al Mediatore (nell’evidente intento di riduzione dei tempi processuali, in ipotesi di mancato accordo delle parti), la formulazione di proposta conciliativa, sulla base di espletata consulenza tecnica, su quesiti già formulati dallo stesso Giudice, prevedendo anche l’eventuale acquisizione d’ufficio agli atti del giudizio, della medesima consulenza.
Ciò che peraltro conferma, a parere della Scrivente, che non solo è possibile utilizzare nel processo civile la relazione peritale resa nel procedimento di mediazione, ma che tale utilizzo si rileva estremamente opportuno ai fini del potenziamento e dell’incentivazione dello scopo deflattivo connaturato all’istituto della mediazione, incoraggiando le parti a concludere un accordo bonario (basato peraltro su rilievi tecnici di un soggetto terzo) ed evitando di istaurare inutili contenziosi.