“Pillola”pubblicata sul sito dello Studio Legale Scuderi-Motta
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 19 maggio scorso (la numero 125 del 2022) ha dichiarato incostituzionale il comma 7 dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella parte in cui prevede la necessità – al fine della reintegra del lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo – della “manifesta” insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento.
Si tratta del secondo intervento della Consulta, in soli due anni, sull’articolo 18 riformato dalla Legge Fornero e sempre in tema di licenziamento per ingiustificato motivo oggettivo.
Stavolta, a cadere sotto la scure dell’incostituzionalità è il comma 7 dell’articolo 18, nella parte in cui impone al lavoratore che richiede di essere reintegrato di provare il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto che ha dato vita al licenziamento.
Sul punto, la Corte – confermando i dubbi di incostituzionalità sollevati dal giudice remittente – ha evidenziato la “irragionevolezza intrinseca” della disciplina normativa, atteso che la valutazione del carattere “manifesto” della insussistenza del fatto conferisce al giudice “insondabili e insindacabili poteri discrezionali”, sprovvisti di ogni “riferimento concreto e specifico”, rischiando di condurre a incertezze applicative e di conseguenza a disparità di trattamento.
A causa del carattere indeterminato di tale requisito, risulta infatti complesso distinguere tra la chiara evidenza del vizio e l’insussistenza pura e semplice del fatto.
Senza considerare che il presupposto in esame non ha, peraltro, alcuna attinenza con il disvalore del licenziamento intimato ed inoltre che il requisito in questione quindi comporta anche uno squilibrio tra lo scopo che si persegue e i mezzi scelti per raggiungerlo, atteso che l’indagine imposta si riflette sul processo e ne complica taluni passaggi, con un aggravio irragionevole e sproporzionato che impegna le parti ed il giudice, oltre all’accertamento, non di rado complesso, della sussistenza o della insussistenza di un fatto, anche nell’ulteriore verifica della più o meno marcata graduazione dell’eventuale insussistenza.
Per tali ragioni, non sarà più necessario, ai fini della reintegra, dimostrare il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto che ha dato vita al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.